I nomi e le cose
Negli ultimi anni mi sono detto che se mai avessi creato una nuova società avrei evitato di chiamarla con un nome di tre lettere, perché me ne sono stancato. Ho incontrato le sigle di tre lettere troppe volte, tutto qui. Alla fine degli anni ’90 avevo lavorato in Francia per la NHB, che stava per New Holland Braud. La controllante dell’azienda, la New Holland, di lì a poco sarebbe diventata CNH. Nel 2002 avevo fondato BDS, che stava per Business Development Services, anche se il padre del mio socio aveva subito trovato l’alternativa: Banda Di Stronzi. Dal 2008 al 2014 ho lavorato per la SHT, che sta per Software House Torino, nome oltremodo lungimirante per un’azienda di informatica fondata nel 1980, specialmente in relazione al posizionamento organico su Google. Sempre nel 2014 mi sono spostato a STC, che alla fondazione stava per Studio Tecnico Colonna, anche se al presidente di STC, Giuseppe Colonna in persona, quel significato non sta più bene da lungo tempo. In STC lavoravamo, tra gli altri, per FPT, che sta per Fiat Powertrain, e per CNH, la stessa di prima.
Per soprammisura, anche la mia vita sportiva è stata caratterizzata da sigle di tre lettere, sin dal 1991, quando con alcuni amici ero stato firmatario dell’atto costitutivo della PVL, altrimenti nota come Pallavolo Valli di Lanzo; dal 2008 collaboro con la Federazione Europea Pallavolo, che va sotto l’acronimo di CEV, Confédération Européenne du Volleyball.
Quando, nel 2023, ho messo su un’azienda, sapevo ciò che non avrei fatto, ossia evitare nomi di tre lettere, ma non certo quale nome scegliere.
Le parole “belle” sono tutte prese. Esistono troppe aziende che si richiamano ai grandi scienziati e tecnologi (primi tra tutti Leonardo, a Galileo), ai termini musicali (adorati dai produttori di software, che mandano sul mercato “Accordo”, “Duetto” e “Sinfonia”), ai personaggi mitologici (Prometeo è gettonatissimo, ma vogliamo parlare di Zeus o Apollo?). Così ho avuto l’idea di inserire un numero nel nome dell’azienda. Unito a una parola, avrebbe formato un insieme perfetto. Tornando alla musica: Maroon 5, Heaven 17, e addirittura Nine Inch Nails; quanti gruppi di successo hanno nomi con questa struttura…
Nella sua forma iniziale, l’azienda prevedeva tre soci, me compreso, aventi formazione, capacità ed esperienze lavorative piuttosto dissimili, al punto che potevano essere visti come fattori primi (o almeno, primi tra di loro). Per evitare di incorrere nella solitudine dei numeri primi, li avrei moltiplicati per amalgamarli tra di loro. Ipotizzai 2, 5 e 7, perché il loro prodotto è 70, e tutti e tre i potenziali soci sono nati negli anni ‘70 (uno nel 1971 e gli altri due, tra cui il sottoscritto, nel 1972). Poi l’idea è stata accantonata per motivi burocratici, e sono rimasto da solo. Il numero corretto diventava il 72.
Il 72 è un numero con moltissime caratteristiche interessanti, e basta dare un’occhiata alla voce relativa su Wikipedia per rendersene conto: è un numero idoneo, oblungo, semiperfetto, pari, pratico, malvagio (giuro), oblungo, potente ed è pure un numero di Ulam. Peccato che il 70 abbia caratteristiche altrettanto interessanti, se non di più, e così qualsiasi altro numero naturale. Ma il 72 era il mio numero.
Rimaneva da scegliere una parola. Qui riassumo in modo più che conciso il risultato, ma ci sono stato su qualche mese. Volevo fosse una cosa maturata, lasciata decantare, e poi messa alla prova di qualcuno che mi desse un giudizio spassionato. In definitiva, “idea” era troppo sentito, “modulo” sapeva di Le Corbusier e “segno” andava bene per una penna stilografica; dopo un po’ arrivai a “circa”, che esprime idea di vicinanza, poiché in latino circa significa “da tutti i lati”, “intorno”, e dà l’idea di guardarsi in giro per bene; in italiano dà invece quell’idea di approssimazione che mi piace trasmettere associata alla precisione di un numero. Sul filone de “il perfetto è nemico del bene”. Avevo deciso: la “c” iniziale sta per “consulenza”, senza dubbio; la “i” è l’iniziale di innovazione, e la “r” richiama la ricerca; la seconda “c”, pretenziosamente, sta per “cultura”, mentre la “a” finale sta per “analisi” (peccato per l’inglese “assessment”, che in italiano cambia iniziale). Ho presentato il nome a conoscenti stretti, chiedendo di essere sinceri nel loro giudizio. Ovviamente il fatto che piacesse a me li ha condizionati, anche se posso sperare di aver avuto riscontri autentici.
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